Cenni Storici
Provincia di Frosinone, abitanti 5.697 (fonte Istat 2017), superficie Kmq 39,50, altitudine m.247
Abitanti: Arcesi
Festa patronale: Sant’ Eleuterio
Frazioni e località: Stazione, Colle Alto, Isoletta, Marzi, Murata, Tramonti
Comuni limitrofi: Ceprano, Colfelice, Falvaterra, Fontana Liri, Monte san Giovanni Campano, Rocca d’Arce, San Giovanni Incarico, Strangolagalli.
Distanza da Frosinone Km. 28
Il comune di Arce è posto lungo la statale Casilina, alla confluenza con una strada interna che proviene dalla direttrice Sora-Arpino. Il suo territorio si estende lungo il fiume Liri e comprende una frazione, Isoletta, distaccata dal centro storico vero e proprio. Attualmente la cittadina si sta sviluppando lungo la casilina, in seguito a un progressivo abbandono dell’antico centro storico. Fino al Settecento faceva comune con Rocca d’Arce, la sua fortezza: la storia delle due località coincide, all’incirca, fino alla metà del secolo XVIII.
Il nome di Arce deriverebbe dalla funzione di arx, ovvero di fortezza, a cui fu adibita in varie epoche. Qualcuno invece ritiene che la città prende il nome dal monte, già denominato Arcanum. Dai reperti archeologici si può dedurre che l’uomo frequentò il territorio di Arce fin da epoche remote ma solo verso l’Età del ferro dette vita a qualche forma di stanziamento. Il popolamento stabile in età storica risale ai volsci, edificatori dell’antica città di Fregellae Volscorum o Arx Volscorum, che ebbe ruolo determinante nella seconda guerra sannitica.
L’esistenza del borgo in epoca tardoantica non è attestata se non a partire dalla seconda metà del VII secolo quando troviamo il toponimo Arcis nella “Cosmographia” dell’Anonimo Ravennate.
Appartenuta al ducato romano, e quindi soggetta alla podestà dei papi, con la seconda avanzata longobarda, risalente ai tempi di Gisulfo I, Arce divenne possesso del ducato di Benevento, tornando all’obbedienza papale solo dopo la donazione di Carlo Magno nel 787. Nel frattempo la rocca era diventata di nuovo importante già a partire dall’anno702 con la seconda invasione longobarda, quando appunto appare nel panorama storico come se fosse stata di nuovo fondata.
A partire dal secolo X entrò nell’orbita dei nuovi signori di Aquino. Proprio per la sua funzione di rocca fortificata, posta appena al di qua del Liri fu soggetta a continui attacchi, distruzioni ed occupazioni. Fu particolarmente presa di mira nella campagne militari della Chiesa per la riconquista delle aree meridionali e soprattutto nelle lotte fra imperatori svevi e papato. Con la creazione della contea di Sora, donata da Federico II al fratello del papa, Riccardo di Segni, Arce entrò nell’orbita sorana a cui rimarrà legata per molto tempo. Nel suo territorio avvennero fatti importanti: per esempio, ad Isoletta (nel Medioevo chiamata Isola di Ponte Solarato) Federico II fu assolto dal cardinale Giovanni di Sabina prima di incontrare il pontefice Gregorio IX ad Anagni. Nei conflitti che opposero Federico prima, e Manfredi poi, al papato, entrarono in gioco elementi strategici importanti e, trovandosi Arce troppo arretrata rispetto a Ceprano ed al suo importante passo sul fiume Liri, nel territorio arcese, esattamente nella zona ove sorgeva l’antica Fregellae, venne fondata una città fortificata: Flagella, con il preciso compito di contrastare e “flagellare” gli eserciti papali. , rimangono un edificio, che pare essere la fortezza e una torre.
Il 12 settembre 1579 il ducato di Sora ed Arce venne acquistato da Giacomo Boncompagni: a questa famiglia appartenne fino al 1796.
Al 1545 risale una sommaria descrizione dell’abitato, recentemente commentata dall’Avvocato Corradini: in quel tempo era già iniziato il processo di migrazione della popolazione verso il basso, dove risiedeva il governatore con la sua curia. Il paese, che si distribuiva lungo due strade di mezzacosta, aveva tre porte esterne e tre chiese (Santa Maria “dello Sperone”, San Nicola entro le mura e San Pietro, esterna). Risale agli anni dell’acquisto da parte dei Boncompagni una seconda notazione sui due insediamenti: “il paese è senza mura”; forse, come si è recentemente congetturato, la cinta era composta dai muri esterni delle abitazioni. Del resto è da notare che ancora oggi i resti di mura partono dalle parti più alte della città per dirigersi verso Roccadarce. Secondo l’anonimo estensore della descrizione, ad Arce abitavano persone “civili” (i borghesi) e la maggior parte delle entrate della contea proveniva dal suo stesso territorio ricco di selve e di pascoli.
Se abbiamo potuto descrivere ed immagginare il paese nel Cinquecento, agli inizi del Settecento un cabreo dell’Ordine di Malta, nel quale sono descritti i possessi dell’istituto ospitaliero in tutta la zona, ne riporta un disegno attendibile. Si nota chiaramente che Arce è una “terra murata”, ovvero rinchiusa in un recinto fortificato con una porta ed una chiesa in primo piano; la chiesa pare esterna al recinto. Alle spalle di Arce si intravede una collina con un paese, e a tergo di questo villaggio, un monte con costruzioni che sembrano appartenere ad una fortezza: probabilmente alla attuale Roccadarce. Dopo un progressivo sviluppo, tra il 1702 ed il 1744, fu ricostruita la chiesa di San Pietro che al momento della consacrazione fu dedicata anche a San Paolo. Soltanto intorno al 1741 si giunse a dividere i due castelli di Arce e Rocca d’Arce, con la costituzione di due comuni autonomi. I problemi però non cessarono poiché solo nel 1871 si giunse alla definitiva suddivisione delle proprietà. I rapporti fra gli abitanti dei due paesi non erano dei migliori e, fino all’inizio del secolo, era diventato rituale scambiarsi una sassaiola il giorno dell’Annunciazione.Nell’anno 1796 terminò il dominio dei Boncompagni e Arce venne aggregata al regio demanio; acquistò, cosi il titolo di città essendo diventata capoluogo di un piccolo raggruppamento di borghi.
La posizione strategica di Arce la rese spettatrice e involontaria protagonista di tutti i grandi e piccoli avvenimenti che interessarono la storia di Napoli.
Il passaggio delle truppe francesi, che sfuggivano dopo la caduta della repubblica partenopea, inseguite delle plebi calabro-napoletane del cardinale Ruffo, provocò numerose vittime: ben quindici abitanti furono uccisi dai soldati in circostanze sconosciute; una gran parte della popolazione fuggi dalla citta rifugiandosi nelle grotte del monte.
Un’altra fuga da parte del popolo e dei maggiorenti avvenne davanti alle truppe garibaldine, guidate dall’eroe. Gli arcesi, terrorizzati dalla notizia dell’avanzata garibaldina, temendo saccheggi e danni più gravi, dettero vita ad una guardia civica che partecipò allo scontro con i bersaglieri di Luciano Manara, non lontano dal Liri. La devastazione tanto temuta non si verificò: i patrioti si limitarono ad issare una bandiera rossa sul campanile e a propagandare le proprie idee. Acquistarono persino le derrate alimentari. A ricordo della presenza del generale Garibaldi, nel 1907 fu posta una lapide. Al monumento dell’unità d’Italia ad Arce convivevano pareri discordi: quello favorevole della classe borghese, e quello contrario dei contadini, questi ultimi probabilmente influenzati dal clero. La cittadina fu immune quasi del tutto del fenomeno del brigantaggio postunitario, che qui si fece sentire per un unico, spiacevole, episodio, quando i briganti di Luigi Alonzi, detto Chiavone, assaltarono il posto di guardia del Castello di Isoletta.
Il paese, fortemente depauperato dall’emigrazione, entrò nella provincia di Frosinone nel 1927. Durante la seconda guerra mondiale fu, per la posizione strategica, fra le retrovie più importanti del fronte cassinate. Si ritrovò nell’occhio del ciclone dopo lo sfondamento delle linne Gustav e Hitler, con i tedeschi che dovevano tenere libere le strade della ritirata. La ricostruzione avvenne immediatamente, anche se si iniziò a edificare in basso, lungo la Casilina. A partire dagli anni Sessanta prevalse l’uso di costruire case sparse nel territorio, per cui si creò un abitato esteso, fenomeno tipico di gran parte dei centri abitati della pianura del Lazio meridionale.
Arce possiede un’interessante Chiesa di San Pietro e Paolo del secolo XVIII, che si trova oggi sulla piazza principale, ma che era fuori porta al momento della costruzione. La chiesa, dall’interno a croce greca, è coperta da una cupola ottagonale e fiancheggiata da due campanili.
Da Laciociaria.it (Per gentile concessione di Arcenews)